1 – Pedamentina a San Martino

Dal Vomero al centro storico: da San Martino a Montesanto in 25 minuti

A collegare queste due zone sono due antiche scale: la Pedamentina di San Martino e la scala di Montesanto. Proprio davanti alla Certosa di San Martino, dal piazzale da cui ci si affaccia e la vista è su tutta la città antica, parte la prima scalinata. Iniziamo a scendere (cronometriamo: ore 10.55). Pochi gradini, il primo tornante, e il ritmo subito cambia. Siamo in un posto senz’auto, silenzio, vista Vesuvio. Il ritmo è un po’ quello dei bambini: un passo, due, tre, gradino, un passo, due, tre, gradino. Scendiamo. La scala è larga, a gradini bassi e lunghi; adatta pure ai cavalli una volta. Piano, fretta poca, bellezza molta: sulla sinistra c’è vista su tutto il centro storico, Santa Chiara col suo tetto verde, Spaccanapoli, Napoli greca. La prima rampa risente un po’ dell’eccesso di “spensieratezza” di alcuni napoletani. Sembra ci sia il bellissimo uso di venire a festeggiare sul piazzale della Certosa ricorrenze piacevoli e poi la pessima abitudine di gettare dall’alto, dopo il brindisi, le bottiglie vuote. Poco oltre il secondo tornante però già la scala è pulita. Un poco più avanti, subito dopo un’altra svolta, si apre per lo sguardo uno “scivolo” verso la città bassa: è risucchiato in giù a guardare i decumani. Un grande giardino privato si apre sulla sinistra, con terrazzamenti e alberi di agrumi. Un uomo sta ripulendo il terreno. I cani attorno a lui giocano a rincorrersi. Incontro qualche turista che sale, qualcun altro che scende, un gatto che sembra di casa. Poi una scolaresca intera, con macchine fotografiche, e quaderni per disegnare.

La scala, o meglio il percorso, perché in origine non aveva gradini (oggi ne ha quattrocentoquattordici), era stato ideato e realizzato per permettere il trasporto dei materiali necessari all’edificazione delle Certosa di San Martino, i cui lavori (architetti Tino di Camaino e Francesco de Vito) iniziano nel 1325 e si concludono nel 1368. Nel frattempo (1329) era iniziata anche la costruzione di Castel Sant’Elmo. Sole e ombra si alternano. La scalinata è esposta a nordest, quindi prende il sole pieno solo di mattina, quando non è troppo caldo: sarà fresca anche d’estate. In una rientranza del percorso c’è il bucato steso. Esce di casa la signora a ritirare i panni che si sono asciugati. Un bed and breakfast ha l’insegna sul panorama. La discesa è piacevole. L’aria è diversa, più pulita. In un altro tornante, proprio lungo gli scalini, una piccolissima vigna vicino al tabernacolo con la statua della Madonna. Sembra che la statua che si trova ora sia relativamente recente: una signora che abita qui, e che fa parte del Comitato Pedamentina a San Martino Gruppo Storico (comitato molto attivo nella tutela e valorizzazione di questa scala, presente anche sui social media) mi racconta che quella che c’era prima è “scomparsa” da una decina d’anni. Zig-zag di rampe. I gradini diventano più corti: non più tre passi ma due per gradino; poi di nuovo tre e la scala si allarga di nuovo, e i rumori anche. Sono già (meno di un quarto d’ora) al corso Vittorio Emanuele. Qui abbiamo una scelta: se andiamo a destra per pochi metri e poi prendiamo a sinistra per via Santa Lucia a Monte, incrociamo dopo poco via Pasquale Scura. Guardando davanti a noi vedremmo una lunghissima linea: Spaccanapoli, il Decumano inferiore; che ci porterebbe dritti dritti, attraversando tutto il Centro storico, addirittura fino alla stazione. E questa era probabilmente la direttrice originaria, la linea ideale che stava nella testa degli architetti della Pedamentina. Però noi oggi vogliamo andare per scale e allora, una volta sul corso Vittorio Emanuele, attraversiamo e andiamo a sinistra: a pochi metri comincia la seconda scalinata di stamattina, quella di Montesanto. L’ingresso dà un impatto forte, sembra un balcone su uno strapiombo e la scala stessa è monumentale, a doppia rampa, e da qui si vede già fino in fondo: Montesanto è lì, vicino. Tufo, pietra lavica e ornamenti. Mentre scendo passa la funicolare; tutto il suo percorso in realtà fiancheggia l’itinerario che abbiamo seguito finora. La funicolare di Montesanto (inaugurata nel 1891) fu pensata proprio per collegare in maniera efficiente il nuovo quartiere del Vomero al resto della città e prevedeva infatti un vagone merci oltre ai due vagoni passeggeri. La presenza della funicolare è stata uno dei motivi, insieme alla diffusione dell’automobile, del declino dell’uso del percorso pedonale; a noi può tornare utile però per risalire o per spezzare il percorso in due, utilizzando la fermata intermedia su Corso Vittorio Emanuele. Qualche scritta sui muri. Street art. La scala adesso è larga e dritta. Ogni tanto c’è qualche zona pianeggiante estesa. Altri pochi gradini e siamo già (ore 11.20) a Montesanto. Venticinque minuti dal Vomero al Centro storico: forse questa è ancora una città per gli uomini molto più che per le automobili.