IL MATEMATICO NAPOLETANO (3/5) – Terza puntata alla ricerca dei luoghi di Renato Caccioppoli: abitazioni, un ristorante, un cinema particolare

Nelle prime due parti di questo viaggio alla ricerca dei luoghi del professor Caccioppoli, geniale matematico, e non solo, della Napoli degli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, siamo andati a vedere la sua stanza nel dipartimento di Matematica dell’università Federico II e la sua prima casa, quella dove è nato. Oggi andiamo a cercare gli altri due appartamenti in cui ha vissuto, un ristorante da lui molto frequentato e un cinema particolare.

Viale Calascione n°16

Dopo la villa di Capodimonte, la famiglia Caccioppoli si sposta sulla collina più antica della città, a Pizzofalcone.

Lungo via Monte di Dio, andando verso il belvedere di Monte Echia, sulla destra, trovate una piccola deviazione. Sembra solo un arco in un palazzo, poi se ci guardate dentro solo un vicolo stretto, quasi un ingresso privato e un poco buio. Sul muro, proprio all’inizio, c’è affissa una poesia, si intitola ‘O duje centesime, è dedicata a questa piccola strada. Il titolo ricorda di quando da qui, al modico prezzo di due centesimi di lire, si poteva scendere a via Cappella Vecchia, cioè passavate in un minuto dal popolo del Pallonetto alla zona di Chiaia. Mo lungo quella scalinata, a monte e a valle, ci sono due cancelli: non basta più pagare, per passare dovete proprio dimostrare, chiavi alla mano, che ca ncoppe ci abitate.

Viale Calascione

Svoltiamo sotto l’arco. Nella penombra, davanti a noi, cammina una signora elegante, con un vestito tutto arancione. Ci pare allora di essere sulla strada giusta, perché il professore di eleganza ne aveva da vendere e pure di piccole stranezze nel vestire, diciamo: di sicuro era particolare.

Man mano che si va avanti la luce aumenta. In fondo c’è un piccolo slargo, un poco affollato stamattina da un sacco di scooter e un paio di macchine. Al centro c’è una panchina che gira in tondo proteggendo una pianta. Poi, due metri più avanti, l’eplosione: si apre moltissimo lo spazio e la luce, si vedono la punta di Posillipo e il mare. A limitare lo sguardo c’è soltanto questo cancello annanz’ e a sinistra una lunghissima balconata di un palazzo signorile con le colonne e le statue.

Ma ricordiamoci perché eravamo venuti, ah sì, per cercare la casa di Renato Caccioppoli fino al matrimonio con Sara Mancuso, al Municipio del Vomero, avvenuto il 28 giugno 1939. Qui abitava con i genitori ed il fratello Ugo, al numero 16, eccolo.

È il palazzo rosso che corre sul lato corto di questa piccola piazza. Passiamo il portone altissimo: la guardiola del portiere è di quelle napoletane rimaste cristallizzate nel tempo; nel ‘700 poteva pure essere uguale. A volte penso che i portieri dei palazzi di questa città siano dei soggetti molto particolari. Sanno molte cose di chi ci abita, stanno lì fermi dentro quelle piccole vetrine e vedono l’umanità che si muove; sembra di vedere Napoli: conosce tutto di noi, osserva senza parlare, ferma, mentre ci vede agitare.

Mi affaccio nel vano ma il portiere non si vede, allora chiamo.

Dopo pochissimo compare: buongiorno, sto cercando la casa dove abitava Caccioppoli il famoso matematico napoletano. So che il numero civico è questo, mi potrebbe dire più esattamente dove?

Sì, abitava qui. La casa è quella al primo piano, dall’esterno vedete tutta la fila di balconi.

Allora esco di nuovo per fotografare.

Metà dei balconi sono in rosso e metà stanno nell’edificio a fianco, vedete, quello con i muri gialli, ma è la stessa abitazione.

Poi torniamo dentro e il portiere mi mostra che anche dal cortile interno, i balconi del primo piano, proprio sopra la guardiola, sono tutti balconi da cui da ragazzo Caccioppoli si poteva affacciare. Questa casa sta in un vicolo antico, sottile, in parte oscuro, però guarda lontano, è aperto verso l’orizzonte, il largo, le possibilità che portano il cielo e il profondo del mare. Forse, a furia di vedersi tutti i giorni, hanno cominciato ad assomigliarsi lei e il professore, napoletano, matematico dall’intuizione aperta e pianista del profondo romantico.

La scalinata verso Chiaia

Mentre me ne vado, poi, prima di andare verso Monte di Dio, torno un attimo a rivedere il panorama dall’alto della scala chiusa a chiave. Scatto una foto e sono solo, tolgo l’occhio dalla macchina fotografica e ho a fianco un giovane. Ha le chiavi del cancello, apre. È troppo un’occasione; senza neppure pensare gli chiedo se posso andare insieme a lui a fare questo piccolo viaggio. Questa scala non è lunghissima però è la connessione tra due parti molto diverse dello stesso corpo: la collina un poco isolata, dove è nata la città vecchia, Palepolis, e il quartiere molto animato e chic dei negozi di Chiaia.

Molto gentilmente mi invita a passare. È fatta di due o tre rampe, lunghe. La prima alla luce, coi gradini di marmo, scoperta, vista mare; poi diventa più semplice, di cemento grigio e scende tra il verde delle piante. Mentre guardo e fotografo ci mettiamo a parlare. Gli racconto la storia della mia venuta qui di stamattina e…”sì, sì quella al primo piano, dove abitava Caccioppoli, quella è casa mia”.

La scalinata verso Chiaia

Che combinazione: il cancello era chiuso e non c’era nessuno, poi appare un ragazzo che abita esattamente in quella casa, ha l’età che aveva Caccioppoli quando ci abitava, e ci invita a passare.

Tre minuti e la scalinata finisce su vico Santa Maria a Cappella Vecchia, siamo nel quartiere Chiaia, pochi metri e c’è piazza dei Martiri.

Il ristorante Umberto

Stamattina siamo fortunati perché la seconda casa che stiamo cercando oggi sta proprio qua vicino, in un palazzo famosissimo di Napoli, a via Chiaia, palazzo Cellamare. Però m’è venuto in mente che da queste parti dev’esserci pure uno dei ristoranti più frequentati dal professore, si chiamava Umberto ed esiste ancora. Non mi ricordo l’indirizzo preciso ma l’insegna, allora vado in giro a memoria per i vicoletti; ed eccolo qui, in via Alabardieri.

Umberto, ristorante pizzeria dal 1916.

Nella parete esterna del locale c’è uno schermo incassato dietro un vetro, allora mi fermo un attimo a guardare. Dopo pochi secondi, nel video, compare proprio lui, Caccioppoli, il professore. Sta in una foto molto nota a chi lo cerca: lui al centro di un tavolo lungo, e intorno altre quattro persone, amici, professori, e don Savino Coronato, il prete suo assistente prediletto, col quale oltre che all’università e al ristorante, andavano, due appassionati di musica, ad ascoltare i concerti al teatro S. Carlo.

Allora entro e chiedo.

Mi accoglie molto cordialmente Massimo, l’erede della tradizione familiare.

Io all’epoca ero troppo piccolo, di persona non l’ho mai incontrato, però mi ricordo di quello che mi raccontavano mio zio e mio padre.

Mi dicevano che a volte veniva in compagnia ma anche molto spesso, a pranzo, da solo. In quelle occasioni era molto riservato, un po’ schivo, silenzioso, e scriveva molto. I due tavoli a cui più frequentemente sedeva erano questi, adesso te li faccio vedere.

Sono, andando verso l’interno del locale, il primo, a destra, piccolo, e poi proprio in fondo, un tavolo lungo, per tante persone. È esattamente quello della foto che sta nel video fuori. In quella foto, alle spalle di Caccioppoli, si vede uno specchio grande, con un’enorme réclame della birra Peroni. Quel tavolo lungo oggi mette molta allegria; sopra ci sono piatti colorati e dietro, al posto dello specchio, c’è un quadro con dentro ballerini con gli stessi colori. Anche se il locale, ci dice Massimo, è un po’ cambiato, il pavimento è quello degli anni ’50, fatto con i pezzetti di marmo di tanti colori. Poi continua a ricordare: mi dicevano che chiedeva pietanze semplici, o la pizza; non era un grande mangione.

Gli chiedo se può apparecchiare il tavolo dove Caccioppoli stava quando era da solo. Lui apparecchia con una certa cura, inizialmente per due. Fotografo, poi gli chiedo di lasciare un unico piatto.

Riguardando le due foto sembra di vedere il passaggio da quando magari c’era venuto con la moglie Sara Mancuso e poi, quando lei lo aveva lasciato, invece era da solo.

Lo ringrazio delle spiegazioni e dei ricordi ed esco. In pochi metri abbiamo trovato un sacco di pezzi della Napoli di quegli anni e di quel signore.

Il cinema Alhambra

A trecento metri da qui c’è un altro posto che ha visto spesso protagonista il professore. In via Nisco, una traversa di via dei Mille, c’era un cinema, si chiamava Alhambra. Caccioppoli, insieme ad altri, aveva fondato il Circolo del Cinema, e una volta alla settimana si tenevano le proiezioni.

Ermanno Rea ci fa ancora una volta da guida, e dice: il luogo dove ogni domenica mattina centinaia di napoletani andavano a compiere una specie di rito purificatorio, tra discussioni e dibattiti. […] Le proiezioni venivano presentate generalmente da Renato Caccioppoli […] d’una arguzia mai fine a se stessa, la quale ci accompagnava per mano in fondo alla malinconica comicità di Buster Keaton oppure in fondo agli occhi di ghiaccio di Ivan il Terribile, ma sempre alla ricerca soprattutto di noi stessi.

Andiamo a cercare anche questo luogo, e però vi dobbiamo dire che non siamo riusciti subito a trovarlo, ci sono voluti alcuni giorni.

Abbiamo chiesto un po’ ai negozianti della zona. Qualcuno si ricordava del cinema, ma non esattamente il portone. Poi dentro ad un articolo finalmente lo abbiamo trovato. Siamo andati a vedere se poteva davvero essere, se quel palazzo avesse davvero tutto lo spazio per ospitare tante persone. Siamo entrati ed effettivamente il locale è molto grande, largo e profondo. Mentre ci camminavamo dentro cercavamo di immaginare come fosse in quegli anni, dove fosse lo schermo, se per caso si sentisse ancora qualche eco delle voci di quelle persone. Sta ancora lì, in via Nisco, potete andare a vederlo anche voi, è facilissimo trovarlo, solo ricordatevi che dovete cercare non più la scritta Alhambra ma il marchio di Upim.

Palazzo Cellamare

Mo andiamo a cercare l’ultimo pezzetto di storia di oggi: la sua ultima casa, a palazzo Cellamare.

A via Chiaia, salendo, sopra il cinema Metropolitan, vedete un palazzo antico, rosa scambiato. La parte inferiore sembra una fortezza, un castello; quella oltre il primo piano invece è di un palazzo raffinato, con i merli ornamentali, un po’ tarlato.

È uno dei palazzi più storici di questa città. La parte fortezza serviva per difendersi dagli attacchi dei corsari (si trovava fuori della città, non lontano dalla spiaggia, la chiaia, dal mare) e dei napoletani durante la rivoluzione di Masaniello e durante la peste del 1656. Trovate scritto dappertutto che ha ospitato Torquato Tasso, Giambattista Basile, Goethe, Giacomo Casanova e Caravaggio.

Palazzo Cellamare, esterno

Nobiltà decaduta, eleganza consumata, e pensando questo mi pare identico allo stile di Caccioppoli. Anche lui indossava camicie cucite su misura, soprabito di grande fattura, ma ben stropicciati, troppo utilizzati, senza curarsi di quello che possono pensare. La cosa più interessante è che in molti poi lo imitavano, se è vero quello che vi stiamo per dire. Caccioppoli passava quasi tutte le sere alla redazione napoletana del l’Unità, che si trovava a fianco alla Galleria Umberto, all’Angiporto Galleria, oggi piazzetta Matilde Serao, ed evidentemente parecchi redattori di quel giornale subivano il suo fascino perché ad un certo punto pure i vertici comunisti ebbero da ridire. Franco Prattico, ex giornalista de l’Unità ci racconta questo:

Vestivamo alla Caccioppoli: camicia aperta, maglietta dolcevita. Finché persino un tipo anticonformista come Giorgio Amendola non si ritenne in dovere di intervenire: fummo obbligati a mettere la cravatta”.

Rena’ ma tu si’ marxista? gli chiedevano. E lui non rispondeva mai. Forse qualche buon motivo per rimanere sempre indipendente, vicinissimo, dentro, ma con la forza dei propri pensieri, non c’era bisogno di raccontarlo a parole.

Ma torniamo a palazzo Cellamare. Se trovate il primo cancello aperto, quello che lascia accedere a una curva in salita, riuscite ad arrivare a quell’altro varco, monumentale. Stamattina ci arrivo, inizio a guardare, scatto una foto. Scattando guardo in alto e vedo, a fianco al portale, un piccolo cartello, di plastica, con una freccia rivolta verso destra e la scritta: Portiere. E mentre la leggo mi affiora, comm’è piccirillo sto cartello, un piccolo presentimento nero. Giro lo sguardo seguendo la freccia e c’è una signora fuori ad una porta, ad una decina di metri, che mi guarda aspettando.

Buongiorno signora, è lei la portiera?

Sì, buongiorno, sono io.

Scrivo per un giornale napoletano, sto cercando i luoghi dove ha vissuto il famoso matematico Caccioppoli. So che abitava qui, oltre il cancello, in una casa a piano terra oltre il cortile di sinistra del palazzo, non è che si potrebbe entrare?

Credo di no.

Ah. E mo che dico? Neppure un attimo? solo per fotografare, fino ad un certo punto, non nell’abitazione?

Direi di no.

Non è che per caso mi potrebbe far parlare con chi abita in quella casa, per citofono, oppure le lascio il mio recapito. Io so che lui abitava in una casa che affaccia nel cortile che si trova entrando sulla sinistra, ma non conosco l’interno.

Non credo.

Vabbuò, difesa impenetrabile, portiere fortissimo, tre a zero; però, siete testimoni, c’abbiamo provato a farvi entrare. Nel frattempo ho capito una cosa: mai avere presentimenti perché poi si avverano.

Si intravede sullo sfondo il cortile e l’edificio al cui piano terra abitava Caccioppoli

Vabbè, non ci hanno fatto entrare però di questo posto teniamo qualche fotografia di alcuni mesi fa e questo ricordo scritto da Ermanno Rea sempre dentro Mistero napoletano, il suo libro bellissimo, di un giorno particolare.

Era il pomeriggio del 13 giugno 1940, il giorno in cui Parigi, sotto la pressione dei nazisti, cade:

[…] C’erano, inoltre, tre o quattro imprecisati amici, e c’era Mario Palermo, una delle più solari figure di galantuomo e di antifascista della Napoli di quegli anni. Piangeva a dirotto, l’allampanato avvocato, piangeva senza ritegno davanti a tutti, che lo guardavano a loro volta trattenendo il respiro, prigionieri di un’emozione di cui riusciva difficile individuare gli stessi confini. Era a Castelcapuano, in Tribunale, quando aveva appreso la notizia: si era messo subito a correre, dirigendo istintivamente i passi in direzione di palazzo Cellammare: in quale altro posto avrebbe potuto piangere Parigi se non là, accanto a Renato? […] a un certo punto Renato Caccioppoli alzò in maniera imprevista il coperchio del pianoforte e, in piedi, con la sola mano destra, accennò al motivo della Marsigliese: pochissime note soltanto, ma senza ritmo, sfibrate, simili a un flebile sospiro”.

Ma di riunioni in questa stessa casa in momenti storici importanti ci racconta anche Maurizio Valenzi, comunista, senatore, pittore, sindaco di Napoli.

L’11 giugno 1946, erano passati nove giorni dall’esito del “referendum sulla scelta “Monarchia o Repubblica”[…] (che) aveva visto a Napoli […] la vittoria schiacciante dei monarchici. Perciò quando in via Medina […] la Federazione comunista issò le bandiere rossa e tricolore, la rabbia dei manifestanti monarchici esplose in un vero e proprio assalto a mano armata. Dopo ore di fuoco (che fecero 7 morti ed un centinaio di feriti) la polizia di Romita intervenne con le armi e mise fine alla sommossa […] Sedato il tumulto, a notte inoltrata, assieme a Mario Palermo ed Emilio Sereni ci recammo a casa di Renato ove si erano dati appuntamento per un incontro urgente diversi uomini politici. Caccioppoli […] aveva partecipato attivamente alle lotte per la Repubblica (teneva comizi nelle vie della città, ndr). Perciò la scelta della sua casa per quell’incontro non era casuale. Così lo conobbi.

Poi non dite che era solo un matematico, o che era semplicemente un eccentrico che andava in giro con un gallo al guinzaglio, perché lo vedete che anima grande forse è una definizione molto migliore.

(Fine terza parte, continua qui).

Testo e foto di Francesco Paolo Busco (tutti i diritti riservati)

Riferimenti:

  • Ermanno Rea: “Mistero Napoletano”, ed. Einaudi, 1995.
  • Ermanno Rea: “Il caso Piegari”, ed. Feltrinelli, 2014.
  • Romano Gatto, Laura Toti Rigatelli: “Renato Caccioppoli. Tra mito e storia”, ed. Morgana, 2009.
  • Renato Caccioppoli: hanno detto di lui”, a cura di Francesco Chiacchio, Flavia Giannetti, Carlo Nitsch. Università degli studi di Napoli Federico II, Accademia Pontaniana, COINOR, 2009
  • Caccioppoli intimo”, nota di Luciano Carbone e Maria Talamo. Rend. Acc. Sc. fis. mat. Napoli Vol. LXXVII, (2010) pp. 63-108.
  • Piero Antonio Toma: “Renato Caccioppoli, l’enigma”, Edizioni Scientifiche Italiane, 2° ediz. 2004.
  • Tullio Saldaneri: “Il Gruppo Gramsci”, ed. Homo Scrivens, 2015.
  • Esther Basile: “Il giacobino di Monte di Dio”, ed. Homo Scrivens, 2017.
  • Antonio Fiore: “Quei «vecchi cinema Paradiso»: a Chiaia valevano l’abito da sera”, Corriere del Mezzogiorno, 15 aprile 2013.
  • Maurizio Valenzi: “Confesso che mi sono divertito”, ed. Tullio Pironti, 2007.