NUOVI LUOGHI IN CITTA’ – Inaugurate le Rampe Fabrizia Ramondino

Se andate a camminare poco sopra piazza Dante, lungo Salita Pontecorvo, arrivati alle scale subito sotto la chiesa di San Giuseppe delle Scalze, trovate, dal 24 giugno scorso, che hanno un nuovo nome. Adesso si chiamano Rampe Fabrizia Ramondino.

Scrittrice napoletana, classe 1936, impegnata nel sociale, a favore degli “ultimi”, scomparsa nel 2008. Ci ha lasciato un romanzo capolavoro: Althenopis; uno degli scritti autobiografici più coraggiosi che abbia mai incontrato: Il libro dei sogni, e molte altre cose. Da un po’ di tempo sto seguendo le sue tracce in città, allora quella mattina sono curioso e vado a vedere.

Arrivo in anticipo. Ci sono i vigili urbani che stanno portando via col carro attrezzi due o tre automobili parcheggiate sul marciapiede proprio sotto la targa da inaugurare.

La signora che abita lungo la scalinata sembra far parte integrante del murale.

Poi le persone iniziano ad arrivare.

Dall’alto della scala spunta un volto che somiglia moltissimo a quello della protagonista di questa mattina: è la figlia della scrittrice, Livia Patrizi, venuta apposta dalla Germania per questo momento intimo tra Napoli e sua madre.

Dopo un po’ ecco Vera Maone, la fotografa di cui vi avevo parlato in queste pagine. Fa parte anche lei della cerchia di vecchi amici della scrittrice che si sta stringendo ogni minuto che passa alla base di questi gradini. C’è la sorella Annalisa Ramondino, la giornalista Eleonora Puntillo, la professoressa di Letteratura tedesca Valentina Di Rosa, il poeta Salvatore Di Natale, il sociologo Enrico Pugliese, i registi Arturo Cirillo e Leonardo Di Costanzo, l’artista Patrizio Esposito, il fotografo Antonio Biasiucci, lo scrittore Silvio Perrela e molti altri.

Poi arriva Mario Martone. Con lui la Ramondino ha condiviso, tra gli altri progetti, la sceneggiatura del film su Renato Caccioppoli: Morte di un matematico napoletano. In quel film c’era anche la figlia Livia, era la studentessa che fa esclamare a Caccioppoli: Fa piacere vedere che anche le donne hanno un cervello, 30 e lode. In onore di questa ragazza sospendiamo per cinque minuti la seduta. E per la stizza della frase maschilista spezza d’istinto in primo piano il gessetto che tiene tra le mani.

All’ultimo secondo arriva Goffredo Fofi, classe 1937, in treno da Roma, poi a piedi dalla stazione: i sandali, i pantaloni leggeri, la Bic e il taccuino nel taschino della camicia a quadri e il bastone.

Ecco il Sindaco. Si inizia al microfono a ricordare.

Fofi se ne sta sul limite del gruppo di persone.

È lui, fedele ancora oggi all’idea della cultura non come intrattenimento ma come strumento per intervenire nel mondo (bisogna studiare e rompere le scatole), che nel 1977 chiese alla Ramondino di scrivere il suo primo libro, un’inchiesta: Napoli, i disoccupati organizzati. È forse uno dei maggiori artefici di quella carriera letteraria, insieme al padre della scrittrice che un giorno le aveva predestinato: Tu farai la bibliotecaria, c’aveva quasi azzeccato.

Molti altri amici della scrittrice fanno una platea attenta, ordinata, cordiale, commossa senza darlo troppo a vedere.

Prende la parola anche la rappresentante dei Sahrawi: il popolo del Sahara, della cui causa indipendentista dal Marocco, insieme a Martone e Patrizio Esposito, la scrittrice si era occupata in un suo piccolo libro molto curato: Polisario.

Si scopre la targa.

La figlia si avvicina per toccarla.

Una nipote, Federica Manfredi, ci mette accanto dei fiori.

Stamattina sono venuti anche alcuni dei “bambini di Fabrizia”, quelli che negli anni ’60 la scrittrice aveva accudito in uno dei suoi progetti di scuola alternativa alla periferia della città, dentro casa sua, a Torre Caracciolo, dove abitava in quegli anni. Oggi si incontrano per la prima volta con la figlia ufficiale.

Salvatore Garofalo, Livia Patrizi, Anna Garofalo

Poi Fofi e Di Natale, l’intellettuale fuori dal coro e il poeta vernacolare, faccia a faccia, non sento cosa si dicono ma li vedo impegnati in una specie di scenetta da commedia dell’arte.

Qualche foto anche per i giornali.

Finita la cerimonia molti restano un po’ tra di loro a parlare.

Il giorno dopo, una piccola sorpresa spiacevole. Qualcuno nella notte ha coperto la targa di vernice.

Il commento più diffuso è: Del tutto incomprensibile.

A me viene in mente invece che prima della cerimonia, quando portavano via le auto, Elonora Puntillo aveva osservato: Però non è bello quello che stanno facendo, di portare via col carro attrezzi le macchine, sarebbe stato meglio avvertire nei giorni precedenti di non parcheggiare.

Non c’è molto di incomprensibile sotto il sole, neppure la nostra poca volontà di capire.

La targa è stata ripulita dopo poche ore. E quel piccolo dispetto e le frasi di commento: incomprensibile, credo che a Fabrizia Ramondino, che aveva grande dimestichezza con tutte le categorie del popolo dei napoletani, da lassù, l’avranno fatta sorridere.

Testo e foto ©Francesco Paolo Busco (riproduzione riservata)