LEOPARDI A NAPOLI (1/2) – Viaggio nei luoghi partenopei del poeta di Recanati: nei palazzi e nelle case dove ha vissuto

Uno dei poeti più grandi del pianeta, Giacomo Leopardi, nato a Recanati, nelle Marche, ha trascorso gli ultimi quattro anni della sua vita a Napoli, e nella nostra città è “passato oltre” il 14 giugno 1837. Abbiamo pensato di andare a vedere dove ha vissuto, i posti dove ha abitato, le strade che più ha frequentato, amato o odiato.

E allora iniziamo da una prima traccia:

Io Luigi Minchioni, padrone di vettura in Firenze, mi obbligo di condurre da Firenze a Roma, per la via di Perugia, in sette giorni di Cammino, dovendosi fermare la prima volta a Levane, la seconda a Cortona, la terza a Perugia, la quarta a Spoleto, la quinta, a mezzogiorno, a Terni e restare il resto della giornata per vedere la cascata, il sesto a Civita Castellana, ed il settimo a Roma, i Signori Antonio Ranieri e Conte Giacomo Leopardi, in una delle mie carrozze tirata da tre delle mie bonissime bestie, con l’obbligo di doverli mantenere di vitto e alloggio durante il viaggio alle qui appresso condizioni, cioè: Circa mezzogiorno dovrò fargli dare una colezione alla forchetta, consistente in due piatti caldi, pane e vino ec., il pranzo la sera, con due camere divise, letti e lume nelle migliori locande con biancheria di tela fine nei letti. Saranno parimente a mio carico tutte le spese stradali, sia di barriere, passi di fiumi, ponti, ajuti alle Montagne di cavalli o bovi, che potranno occorrere in detto viaggio. … Resta fissata la partenza alle ore sei o sette antimeridiane di domenica prossima, primo settembre. I suddetti-dico-I suddetti Signori saranno padroni di tutto l’interno della carrozza suddetta e di un posto nel cabriolet. … Firenze 30 agosto 1833. Fatto in doppio originale da ritenersi uno per parte” (1).

È il “biglietto di viaggio” di Giacomo Leopardi e Antonio Ranieri da Firenze a Roma, che però è solo la tappa intermedia di un trasferimento che ha per destinazione finale Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie di Ferdinando II di Borbone.

E a Napoli, dopo una sosta di circa tre settimane nella città del Papa, arrivano il 2 ottobre 1833.

Ma perché questo viaggio? Perché spostarsi da Firenze a Napoli?

La salute del poeta, che nel 1833 ha 35 anni, è già malferma, e i due amici già negli anni precedenti si sono spostati, a seconda della stagione, d’inverno a Roma e d’estate a Firenze. Gli inverni fiorentini sono troppo rigidi per la costituzione fisica del conte marchigiano. Napoli ha un clima molto più favorevole ma Ranieri è bandito dal Regno, perché in odore di carboneria. Poi finalmente per gli esuli politici napoletani, si apre la possibilità di tornare nel Regno e non è un ritorno che si possa rimandare all’infinito: o si ritorna subito o si incorre in un nuovo esilio. Ma il giovane avvocato napoletano tarda a decidersi e quindi gli tocca chiedere di persona il permesso al Re. Lo stesso Ranieri ci racconta quell’udienza del 7 dicembre 1832:

L’accoglienza fu assai umana anzi ospitale. Esposi, con giovanile affetto e verità, e però con persuasiva eloquenza, il caso mio. Ferdinando (di cui i cortigiani potevano fare il migliore degli uomini e ne fecero il peggiore), negli inizi, allora, non punto spregevoli del suo regno, ne fu non leggermente commosso; e ruppe in queste sacramentali parole:

Ella è libera, da questo momento, e di godersi in villa le gioie della famiglia, e dell’andare a riprendere a Firenze il suo amico, e del menarlo qui a rifarsi di quest’aria; e n’abbia per pegno la mia parola. E parole sacramentali furono veramente; poiché la sera stessa ne corsero i più recisi ordini a Delcarretto” (ministro di Polizia ndr) (2).

La primissima casa di Leopardi a Napoli

Finora solo documenti scritti, racconti di terzi, adesso andiamo a vedere.

La primissima casa di Leopardi a Napoli, quella in cui i due amici arrivano il 2 ottobre, si trova poco sopra via Toledo, ai Quartieri Spagnoli, in via Speranzella numero 22 (3). Dalla fermata Toledo della metropolitana linea 1 basta salire dentro i Quartieri: non la prima ma la seconda traversa parallela a via Toledo è via Speranzella, giriamo a destra ed ecco il palazzo. Scattiamo alcune foto poi dal portone esce un signore e gli chiediamo al volo: Buongiorno, scusate ma in questo palazzo ci abitava Leopardi?

Leopardi, ah non lo so, però mo vi faccio parlare con mia suocera che abita qua da tanti anni, venite, sta nel bar di fronte.

Entriamo, chiediamo a questo, a quello; giovani e anziani, ma nessuno sa questa notizia. Però sarebbero contenti pure loro, sono curiosi, di sapere di questa cosa con maggiori dettagli. Siamo curiosi pure noi e ci aprono il portone per vedere dentro. Un palazzo ben tenuto, non lussuoso perché i due amici provenienti da Firenze stavano scarsi a finanze ed i fitti a Napoli erano molto cari, ma molto decoroso. Qui il poeta e l’avvocato abitano solo un mese, proprio perché l’affitto è caro: non era facile trovare alloggi a Napoli in quegli anni se non con contratti per lunghi periodi.

La primissima impressione generale del poeta su Napoli è favorevole, infatti così scrive al padre solo tre giorni dopo il suo arrivo, il 5 ottobre 1833:“…la dolcezza del clima, la bellezza della città e l’indole amabile e benevola degli abitanti mi riescono assai piacevoli”.

Non sappiamo esattamente il piano e l’appartamento occupato dai due amici all’interno di questo edificio: di questa casa si sa molto poco, addirittura Ranieri, nel libro in cui racconta i “Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi” non se ne ricorda.

Nel suo racconto la prima casa napoletana è un’altra, che sta anche in questo stesso quartiere, non lontano da qui, e Ranieri così ce la descrive:

“era, credo, al secondo piano, alla cantonata della via San Mattia, dava sulla così detta Loggia di Berio, ad un oriente ed un mezzodì saluberrimi”

era, credo, al secondo piano, alla cantonata della via San Mattia, dava sulla così detta Loggia di Berio, ad un oriente ed un mezzodì saluberrimi, a pochissimi passi da Toledo, a pochi dal palazzo Reale” (2) al civico 88 (1).

Si trova alle spalle della Funicolare Centrale. Se andate in cerca di notizie su questa abitazione trovate qualcuno che sostiene che fosse dentro Palazzo Berio, il palazzo con la testa di cervo nel cortile che ha l’ingresso principale su via Toledo. Ma non è così, a trarre in inganno chi racconta questo è stata forse la frase: “dava sulla così detta Loggia di Berio” citata dal Ranieri. Bene, Palazzo Berio all’inizio del 1800 aveva alle spalle, sul lato opposto a via Toledo, un giardino e un loggiato. Ecco, la casa in cui abitò Leopardi affacciava su quel loggiato ma faceva parte di un edificio diverso (1).

E allora andiamo a vedere questa seconda casa napoletana del poeta marchigiano: saliamo dai gradini che si trovano a sinistra della Funicolare Centrale, poi giriamo a sinistra e dopo pochi metri siamo a destinazione. Vicino al portone, seduto quasi per terra, c’è il fruttivendolo che pulisce la verdura. Azzardiamo la domanda solita: ma in questo palazzo ci abitava Leopardi? Il poeta? E la risposta questa volta è nuova: si questa è una delle case in cui ha abitato, poi ce ne stanno altre…e cita quasi tutte le case, quasi nell’ordine giusto: l’amore per questa città si può trovare in qualunque angolo, pure il meno assolato.

E non solo ci fa un po’ di storia ma chiama il collega che subito citofona alla signora nel palazzo per vedere di farci entrare.

Anche questo non è un palazzo ampio: sembra, come pure quell’altro di via Speranzella, a dimensione di poeta marchigiano, piccolo, con una scala quasi a chiocciola, un poco attorcigliata su se stessa. Qui la ricostruzione storica, sulla base del ricordo di Antonio Ranieri, ci dice esattamente quale fosse la casa abitata dai due amici, allora bussiamo proprio alla porta. La signora ci risponde dall’interno che lei abita qui da poco, non sa chi ci abitava prima. Vabbè tiene pure ragione, noi andiamo in giro a cercare di poeti ma uno pure vo sta in grazia e Dio rinte a casa soia.

Anche in questa abitazione i due amici rimangono solo pochi mesi: non ci fu grande simpatia tra il poeta e Rosa Lang, la padrona di casa. Una mattina Leopardi racconta all’amico di averla vista, di notte, introdursi nella sua stanza e rovistare tra le sue cose, in particolare dentro una cassetta in cui il conte tiene i suoi pettini. Probabilmente la signora era in cerca di medicinali. Dopo pochi giorni infatti esprime il sospetto che il poeta sia malato di tisi e vuole cacciarlo dall’appartamento.

Soltanto Ranieri riesce ad inventarsi qualcosa per rimanere almeno un altro poco. Va a prendere a casa niente di meno che il medico di Leopoldo di Borbone, zio del re, Principe di Salerno: il Dottor Nicola Mannella che abitava a largo di Palazzo (l’attuale piazza Plebiscito) “nel Palazzo del vecchio Principe, che è quello a destra di chi guarda il Palazzo Reale”, cioé Palazzo Salerno. Il medico aveva già visitato il poeta due volte in passato, conosceva già la realtà della malattia ed era uomo troppo onesto per dire il falso; però viene a visitare il poeta in casa e assicura alla proprietaria, con una formula degna di un grande diplomatico, che “quale che fosse potuta essere l’indole della malattia, essa non sarebbe mai potuta entrare ancora in un periodo contagioso”.

Ma i due amici riescono a strappare alla signora Lang, di poter restare solo fino allo scadere del mese di fitto, devono comunque cercare un’altra abitazione e grazie all’interessamento del Margàris, fraterno amico di origini greche di Ranieri, trovano, dal 10 dicembre, una nuova sistemazione al secondo piano del civico 52 in via Nuova Santa Maria Ogni Bene.

Siamo ancora una volta non lontani, nella stessa zona, a Montecalvario, però una cosa caratterizza questo nuovo indirizzo: è la casa che Ranieri definisce “le più vaste e belle stanze ch’io vedessi al mondo, le quali a poca distanza da Toledo, dominavano tutto il Golfo”.

Palazzo Cammarota

Qui ci potete arrivare facilmente in due modi: o da via Toledo per via Portacarrese a Montecalvario, di fronte allo slargo di via Ponte di Tappia, dove sta la libreria Feltrinelli, e alla nona traversa girate sulla destra, oppure scendete da Corso Vittorio Emanuele per la scala di San Pasquale, e così già vi potete affacciare dall’alto e assaporare un poco il panorama.

Arriviamo e c’è già una bella differenza: a fianco al portone finalmente c’è un cartello che dice “Palazzo Cammarota, residenza di Giacomo Leopardi”; ecco, un minimo di memoria e di riconoscimento. Superato il portone anche una iscrizione in marmo racconta la presenza, in ben due abitazioni dello stesso palazzo, del poeta marchigiano. I due amici in questo edificio hanno abitato in due appartamenti: dal 10 dicembre 1833 al 4 maggio 1834 al secondo piano e dal 4 maggio 1834 al 4 maggio 1835 al primo piano nobile, nella stessa verticale, quella di sinistra salendo la scala principale.

Al secondo piano adesso c’è uno studio medico. Arriviamo una mattina in cui c’è ambulatorio e aspettiamo l’ultima visita. Il dottore è ben lieto di mostrarci l’abitazione e di raccontarci. Ci mostra il punto in cui sembra ci fosse il tavolino su cui il poeta scriveva, proprio davanti al balcone. Questo è il panorama che Leopardi descrive nella sua lettera al padre il 5 aprile 1834: “…io sono passato a godere la migliore aria di Napoli abitando in un’altura a vista di tutto il golfo di Portici e del Vesuvio, del quale contemplo ogni giorno il fumo ed ogni notte la lava ardente” (4).

Il pavimento ci dicono che sia ancora quello originale, o almeno di molti anni. Le travi del tetto pure devono aver visto il poeta vivere in questa casa: sono immerse in intonaco nuovo, spuntano da un breve tratto di contro soffittatura, in mezzo a faretti per illuminazione, ma risalgono a più di due secoli fa e fanno ancora benissimo il loro lavoro. Dopo aver letto dei riferimenti del poeta e di Ranieri eravamo molto curiosi di vedere il panorama e la sorpresa è bella quando capiamo che si è conservato quasi intatto nonostante gli anni. Se non fosse per quell’albergo-grattacielo che spezza in due la vista del Vesuvio, sarebbe quasi come a inizio ‘800. Ci dice il proprietario che la salvezza non è casuale perché questo palazzo gode da secoli dell’ “altius non tollendi”, il diritto di non avere vicino, davanti, palazzi così alti da ostruire il panorama. Ma in questo appartamento Leopardi e Ranieri hanno tre stanze per sé ma sono in coabitazione con altri: hanno comune sala, anticamera e cucina. Allora dopo alcuni mesi passano al primo piano avendo a disposizione l’intero appartamento (4).

Poi c’è un’ultima casa in cui il poeta ha vissuto a lungo a Napoli, sta poco sopra il Museo Nazionale; però la storia di Leopardi nella nostra città è molto lunga, allora mo ci pigliamo una pausa e vi diamo appuntamento, se volete, ad una seconda puntata di questo racconto alla ricerca delle tracce napoletane del poeta di Recanati. A presto. (Fine prima parte, qui trovate la seconda parte)

Testo e foto Francesco Paolo Busco (tutti i diritti riservati)

 

Riferimenti:

1 Carlo Raso: “Giacomo Leopardi a Napoli”, Il Rievocatore.

2 Antonio Ranieri: “Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi”.

3 Angela Pinto in: “Giacomo Leopardi. Da Recanati a Napoli”, Macchiaroli Editore, Napoli 1998.

4 Carlo Raso: “Una sconosciuta abitazione napoletana di Giacomo Leopardi”.