Piccole vie dei canti

Qualche giorno fa, da poco sveglio, mi si para un’idea davanti: le vie dei Canti.

E se andassi insieme ad amici, conoscenti, chiunque abbia voglia di farlo, lungo una linea o un punto singolo dentro la città che gli sta così tanto a cuore da volerlo raccontare agli altri?

Sì, ma perché le vie dei Canti?

Quando siamo capaci di vedere qualcosa nel mondo, quando per qualche ragione riusciamo a comporne un’immagine nella nostra mente, in quell’attimo quella cosa inizia a esistere. Esistere per noi, oppure esistere del tutto questo è un problema che non so risolvere.

E nel momento in cui quell’immagine si stacca dallo sfondo gli appiccichiamo un nome. Potrebbe essere questa la Creazione?

Forse il soffio vitale che anima le cose è semplicemente quello che fa vibrare le nostre parole? E l’argilla che fornisce la materia forse è tutto quello per cui non abbiamo ancora occhi abbastanza limpidi? che non riusciamo a far emergere dal rumore di fondo? per cui non riusciamo ancora a trovare una ragione, un ordine, dentro il caos interno nostro?

Racconta in qualche modo questa cosa uno scrittore inglese, viaggiatore, Bruce Chatwin, in “Le vie dei Canti”; gliel’avevano insegnata gli australiani originari.

Ogni clan ha il suo Canto, tramandato dagli avi, che risale al tempo della creazione del mondo, loro dicono al Tempo del Sogno.

Ogni Canto parla di fiumi, colline, anche di un cespuglio o di una singola roccia affiorante, individua una linea sul terreno: crea il mondo; e contemporaneamente assegna al clan il suo territorio, intrecciato a quello degli altri, non diviso in aree, rettangoli e quadrati, come faremmo noi. Un territorio filiforme, la geometria perfetta di ogni popolo nomade. Ogni aborigeno poi ha assegnato un pezzetto di quel filo, la strofa che canta del luogo in cui si trovava la mamma quando ne ha avvertito il primo calcio dalla pancia.

Sento che sarebbe bello farsi accompagnare da ciascuno, mentre lo racconta, lungo la sua via del Canto, lungo una linea che avrò pure magari intersecato molte volte camminando lungo il mio territorio, ma che per farla emergere ai miei occhi, ormai avete capito che mi serve chi ha visto certe cose sue, l’autore di quel canto.

Perché di Napoli vera credo che ne esistano molte, una per ogni abitante, una per ciascuno al mondo che l’abbia vista in sogno, non credo una soltanto.

Scrivo questa idea incomprensibile in un posto dove la possa leggere qualcuno, su internet, e invece pare che piaccia a molti.

Allora oggi partiamo a seguire il primo di questi fili, sottilissimi, delicati, me ne sono reso conto ieri camminando.

Eccovi i Canti: